L’arte della CAPOEIRA è una delle più alte espressioni folcloristiche ed artistiche del Brasile. Quest’antica lotta di liberazione, deriva da una danza, in Brasile viene praticata da tutti, bambini, donne uomini e la si può vedere per le strade, negli spettacoli e nelle palestre. In tante canzoni popolari e moderne la parola “Capoeira” ricorre ed evocare qualsiasi simbolo di questo grande paese.
La CAPOEIRA accompagnò il popolo brasiliano fin dalle sue più antiche origini. Nacque circa quattro secoli fa, (intorno al 1580), e la sua origine è negra, infatti gli schiavi africani bantù, deportati dai colonizzatori portoghesi in Brasile ed inizialmente nell’area di Bahia, portarono con sé i loro rituali e la loro cultura, e tra questi, la “danza della zebra” ed un particolare strumento monocorde, il “Berimbau”, diventato ormai un simbolo del Brasile, il cui suono fa vibrare di emozione il cuore di ogni brasiliano e dei “capoeiristas” in particolare.
Questi schiavi africani originari dell’Angola e del Congo, venivano impiegati come mano d’opera in lavori massacranti nelle piantagioni di canna da zucchero; al termine delle loro giornate si riunivano e ripercorrevano con la memoria il loro passato di libertà con i canti, le danze, le musiche ed i rituali: tra questi uno diventò “Capoeira”, una particolare forma di autodifesa e di lotta mascherata sotto forma di rituale e mimica.
Molti schiavi in questo modo riuscirono a difendersi dai soprusi e dalle frustate dei coloni europei, ad eliminare i sorveglianti bianchi che li vessavano ed a fuggire nelle foreste dell’interno del Brasile, costruendo in esse dei villaggi detti “Quilombos” (pron.Chilòmbos), in cui ricominciare a vivere secondo le loro abitudini e liberi da persecuzioni disumane.
Il termine stresso di CAPOEIRA riassume questa origine: per i brasiliani “capoeira” è un simbolo, ha un significato di lotta di liberazione dalla schiavitù, perché deriva dal nome del luogo in cui quest’arte ha avuto origine: il luogo di lavoro e la prateria in cui gli schiavi fuggivano erano “capoeira”. Infatti nel dizionario brasiliano Aurelio, troviamo che uno dei significati di questa parola è: “terreno sul quale l’erba è stata tagliata o bruciata per coltivare la terra”. La CAPOEIRA è un frutto dello schiavismo, le parole di uno dei canti più antichi dicono: Se non ci fosse stata la schiavitù, non sarebbe esistita la “CAPOEIRA”; quest’affermazione corrisponde perfettamente ad una realtà storica.
Infatti per non incorrere nelle punizioni dei padroni bianchi, (dato che agli schiavi era proibita qualunque forma di combattimento diretto o comunque qualunque attività che potesse sembrare potenzialmente pericolosa per l’egemonia dei conquistatori), gli schiavi praticarono questa forma di lotta o lontano dai loro occhi, di nascosto, oppure di fronte a loro, ma mascherandola sotto forma di rituale, di danza mimica acrobatica, con movimenti lenti ad incastro, al ritmo pacato di particolari strumenti tribali ed accompagnandola con canti, nenie e ritornelli spesso nella loro lingua (o dialetto) originale africano, incomprensibile quindi per i portoghesi.
Questa è tuttora la caratteristica della cosiddetta “Capoeira d’Angola” ( o Capoeira Madre ): essa infatti somiglia molto di più ad una danza, spesso eseguiti al rallentatore: in essa non c’è mai contatto deciso, mai movimenti bruschi, spesso ci si sposta accucciati, facendo perno su mani e piedi, le acrobazie a testa in giù sono frequenti e molto lente, inframmezzate a movimenti più rapidi, ma apparentemente scherzosi.
Un’altra forma, evolutasi dalla precedente, col tempo diventò sempre più palesemente difesa ed attacco, lotta e combattimento; essa fu nel nostro secolo strutturata come una vera e propria arte marziale: è la “Capoeira Regional”; in essa i movimenti sono sempre accompagnati dagli stessi strumenti, ma la musica è più veloce ed incalzante; è il ritmo e le parole stesse dei cantanti che incitano i capoeiristi a velocizzare i colpi e gli equilibrismi, gli scatti ed i balzi in sequenze rapidissime ed altamente spettacolari, piene di energia, perizia e malizia.
L’attacco, la difesa ed il contrattacco qui sono evidenti e si susseguono rapidamente, i colpi possono essere portati a contatto in modo controllato o più forte, a seconda del tipo di gioco. Nella Capoeira si parla di “gioco”, di “giocatori”, di “golpes” (non di mosse), di “cordel” – plur. “cordéis” (non di cinture); questo sport si pratica normalmente scalzi e senza protezioni; la divisa consiste in una maglietta ed un paio di pantaloni adatti detti “abadà”, entrambi bianchi e contrassegnati dal simbolo (con il “logo”, il nome del Gruppo e del Maestro o “Mestre”) del Gruppo di Capoeira di appartenenza.
Il gioco viene effettuato a turno da, due giocatori alla volta all’interno della “roda” (cerchio) formato da tutti i giocatori partecipanti, che simboleggia il “mondo”, e c’è una sorta di rituale da rispettare all’inizio ed alla fine del gioco. I “cordeis” hanno i colori della bandiera del Brasile (verde, giallo, blu, bianco) e sono variamente intrecciati a seconda degli esami superati e del livello raggiunto.
Il Maestro che diede inquadramento alla Capoeira d’Angola fu Mestre Pastinha, quello che fondò la Capoeira Regional fu Mestre Bimba, entrambi all’inizio del nostro secolo. Caratteristica della Capoeira è la presenza essenziale della musica, che rende così fluidi i movimenti e che viene eseguita a turno dai giocatori stessi con strumenti particolari di origine africana.
Il “berimbau” è il più importante ed è quello che da ritmo al gioco della Capoeira: è uno strumento monocorde, formato da un arco fatto da un ramo di legno particolarmente flessibile ( “birìba”) o di bambù, teso da un filo metallico; ad esso è legata una zucca secca svuotata la cui parte aperta, appoggiata od allontanata a livello dell’addome dal suonatore, funge da cassa di risonanza; il filo metallico viene premuto con una pietra liscia ( “pedra” ) o con una grossa moneta ( “dobrao” ) e percosso con una sottile bacchetta di legno ( “varèta” ). Il “caxixi” (pron. Casciscì) viene usato sempre insieme al berimbau; è un cestello di vimini strettamente intrecciato alto circa 10-12 cm, con un anello posto superiormente, per poterlo tenere all’interno del palmo della mano; contiene dei semi di una pianta tropicale molto duri (detti “lacrime della Madonna” ) e quando viene scosso, produce un suono caratteristico.
Il “pandeiro” è praticamente il nostro tamburello a sonagli e serve ad accompagnare ed a sottolineare il ritmo del berimbau.
L’ “atabaque” ( pron. Atabàche ) o la “conga” sono strumenti a percussione, tipo tamburi alti e stretti; si suonano col palmo delle mani. L’ “agogò″ è una specie di doppia campana senza batacchio e viene suonato percuotendolo con una bacchetta.
Le parole dei canti che accompagnano il gioco della Capoeira sono in portoghese – brasiliano e ripercorrono nella loro semplicità, soprattutto quelle dei canti antichi, la microstoria dei negri deportati in Brasile.
La Capoeira, nata come lotta camuffata, anche dopo l’abolizione ufficiale della schiavitù in Brasile, proclamata solo nel 1888, continuò ad essere bandita dalla legge ed a essere praticata clandestinamente. Nel 1953 un avvenimento mutò il destino della Capoeira: dopo l’esibizione tenuta da un gruppo di capoeiristi della scuola di Mestre Bimba a Salvador de Bahia alla presenza del Presidente della Repubblica Getulio Vargas, essa cominciò ad essere maggiormente valorizzata, ebbe l’appoggio dei politici, degli intellettuali, degli artisti, dei militari ed entrò così anche nei Club, nelle scuole, nei teatri, nelle palestre della Polizia d dell’Esercito, ecc.
Grazie all’opera di alcuni Mestres, la Capoeira si divulga così su larghissima scala in tutto il Brasile ed all’estero, essendo cessato il pregiudizio di considerarla solo un’ ” arte dei negri ” e una pratica da “gente malvagia”. Dal 1972 è stata dichiarata la ginnastica nazionale brasiliana, ed è anche stata istituita, per la sua diffusione mondiale, la Federazione Nazionale Brasiliana di Capoeira, che ha sede in San Paolo.
Il gioco della Capoeira non diventa ma i culto di violenza; il capoeirista al contrario deve prendere coscienza di sé e del proprio corpo, rispettando l’altro giocatore, pur trattandosi ovviamente di combattimento. Occorre molta concentrazione, attenzione, coordinazione dei movimenti propri ed in sintonia sia col ritmo dato dagli strumenti, sia coi movimenti del proprio avversario: per questo motivo la Capoeira può essere considerata anche un ottimo aiuto anti-stress.
Essa è anche una disciplina molto creativa perché i movimenti, sempre coordinati, non sono però programmati e preordinati, ma devono essere “ad incastro” con quelli dell’avversario. La Capoeira è una disciplina completa: si apprende a suonare gli strumenti musicali, a cantare in un’altra lingua; aumenta l’agilità del corpo e l’elasticità delle articolazioni, definisce e potenzia la muscolatura; aiuta ad essere più resistenti alla fatica ed agli sforzi; dà una valida possibilità di autodifesa in caso di aggressioni.